La tradizione del vetro d’arte

Il vetro – in forma soffiata – era conosciuto nei paesi del bacino mediterraneo fin dal III millennio
a.C.: in Egitto, prima, e poi a Roma, lo si usava per la produzione, sempre più “industriale” di
recipienti di prestigio e vasellame.
Il vetro in lastre, invece, veniva usato per chiudere le finestre di grandi ambienti pubblici come le
terme o per le grandi ville private: ne parla già Plinio il Giovane nel I d.C. I vetri, colati in forme
piatte, erano sostenuti da strutture in metallo o legno.

Vetri soffiati di espoca romana

Con il crollo dell’Impero romano la produzione e la sperimentazione si spostano verso i paesi del
Medio Oriente e del Nord Europa. Intanto però, fin dal IX secolo Venezia si stabilisce come luogo
di eccellenza per la produzione del vetro soffiato. Fondamentale era stato il contatto con il

medio-oriente che – grazie ai commerci e agli scambi marittimi nell’area dell’Adriatico – aveva portato

il vetro a Venezia. Oggi, a distanza di secoli, questa tradizione secolare è ancora viva e costituisce
una delle eccellenze del Made in Italy con marchi come Venini.
Anche ad Altare, in Liguria, si stabilisce fin dal medioevo un nucleo di maestri vetrai che innova e
sperimenta e che dà vita nel 1400 alla corporazione detta “Università del Vetro”. Ne sono in tempi
recenti testimoni grandi vetrai come C. e R. Bormioli.
Lo sviluppo delle vetrate colorate per la narrazione di storie sacre è tipico del Medioevo e se ne
trovano illustri esempi anche in Italia dove la pittura di Giotto influenza, rispetto alle tendenze del
Nord Europa, uno sviluppo innovativo originale con soluzioni ispirate alla pittura murale. Un’altra
caratteristica innovativa italiana è quella di affidare lo sviluppo della vetrata a grandi artisti
dell’epoca. Famosi sono i cartoni di Simone Martini, Giotto e Duccio di Boninsegna (Assisi e
Siena), e successivamente, quelli di Ghiberti, Paolo Uccello, Donatello, Ghirandaio (Firenze)
che riescono a mantenere, nel nuovo supporto, il loro stile inconfondibile e fedeltà al loro universo
pittorico.

Rosone del duomo di Siena su disegno di Duccio di Boninsegna

Se per tutto il ‘600 e ‘700 la vetrata artistica non gode più di grande prestigio e rimane in uso
esclusivamente nei paesi nordici e in contesti civili, si assiste, nei primi decenni dell’ 800 ad un
vero e proprio revival acceso dal movimento dei Nazareni e dei Pre-raffaelliti. Le nuove vetrate
guardano all’arte gotica e medioevale quanto a quella italiana del Rinascimento. Nuovi sono gli
spazi in cui le vetrate vengono collocate (le abitazioni private, le grandi architetture pubbliche) e
nuovi i temi e gli stili della rappresentazione, ormai del tutto sganciata dall’elemento religioso.
Verso la fine del secolo l’uso della vetrata artistica si espande negli Stati Uniti (C.Tiffany ne è il
maggior esponente) e nei paesi della colonizzazione britannica.
L’osservazione e l’imitazione della natura, liberandosi da ogni intento didascalico o edificante,
sono i nuovi temi dello stile Liberty, come promosso da W.Morris: in Italia ne sono esempi illustri le
vetrate di Cambellotti, Paschetto, Grassi e Botazzi per la Casina delle Civette a Villa Torlonia a
Roma, così come per gli ambienti domestici borghesi (Villa Igea a Palermo, il Casinò di San
Pellegrino) e dei quartieri di grandi città (Roma, Bologna, Lodi, Milano) per i quali vengono
ordinate.

Vetrata dei Pavoni (1912) di U.Bottazzi, Casina delle Civette, Villa Torlonia, Roma

Con lo sviluppo nei primi decenni del ‘900 dell’astrattismo e del funzionalismo le vetrate si fanno
sempre meno figurative: all’estero (Matisse, Chagall, Léger, Braque) e in Italia (E. Castiglioni E.,
A. Sasso, A.Grassi, V.Zecchin) molti pittori si cimentano con la ricerca di nuove soluzioni formali
e cromatiche.
In epoca contemporanea i nuovi spazi architettonici definiti dal cemento e dall’acciaio lasciano
spazio a vetrate sempre più ampie e ad una stretta collaborazione tra artisti ed architetti: la ricerca
e l’innovazione si spostano in America e in Gran Bretagna e in alcuni paesi nord europei. Il Italia si
assiste alla stretta collaborazione tra grandi laboratori (Grassi, Giuliani) con artisti (P. Dorazio, L.
Ontani) e architetti.